Viste le numerose domande e richieste di informazioni che, sia durante i corsi che in varie occasioni, ci vengono rivolte in relazione alle circostanze nelle quali non sia possibile o consigliabile utilizzare, per la valutazione psicodiagnostica, le dieci Macchie di Hermann Rorschach, abbiamo deciso di pubblicare un estratto del RORTUTOR sulle Tavole Parallele Parisi – Pes, certi di far cosa gradita ai numerosi colleghi che hanno manifestato il loro interesse.
PERCHÉ UNA SERIE PARALLELA AL RORSCHACH?
Le Tavole parallele Parisi-Pes, frutto di un paziente ed indefesso lavoro durato quindici anni, rappresentano la concretizzazione del tentativo, operato dalla Scuola Romana Rorschach, di trovare la soluzione più idonea ad un delicato problema che affligge l’applicabilità del Test di Rorschach. Coloro che utilizzano il Reattivo, infatti, si trovano sovente alle prese con l’handicap di non potersi avvalere di una serie di Tavole che sostituiscano in maniera adeguata quelle originali in tutti quei casi in cui queste non possano essere utilizzate. Più precisamente l’impiego delle Tavole Rorschach appare non opportuno in due condizioni specifiche e differenziate.
La prima di esse si realizza allorché si debba somministrare la Prova allo stesso soggetto: parliamo a tal proposito di re-test. Un re-test può essere la scelta d’elezione per un’ampia gamma di obiettivi, in primo luogo la valutazione dell’evoluzione di un processo psicopatologico, anche e, diremmo, soprattutto in funzione degli effetti dovuti a trattamenti psicoterapici e/o farmacologici. Ma, anche a prescindere da stati di disturbo mentale, un re-test risulta particolarmente indicato nell’effettuazione di studi longitudinali relativi ai più diversi aspetti della personalità e della condizione umana.
Ciò che rende inaffidabile ai fini diagnostici una nuova somministrazione del Rorschach discende da processi di apprendimento e memorizzazione, con ogni probabilità ingenerati in chi ha già ricevuto il Reattivo. Il Rorschach risulta essere un’esperienza del tutto particolare, talmente carica di significati e vissuti emotivamente intensi, da non poter essere “metabolizzata” e quindi dimenticata con facilità. A nostro avviso, forse qualcosa di questo vissuto rimarrà comunque impresso nel nostro soggetto, in maniera tale da compromettere la validità dell’eventuale re-test e i risultati in base ad esso ottenuti. Dobbiamo ritenere che le interpretazioni più stimolanti e dotate di significato per l’esaminato vengano in qualche maniera immagazzinate nel suo apparato psichico e di conseguenza, allorché egli si trovi di fronte alla stessa provocazione percettiva, tornino ad esprimersi concettualmente, indipendentemente dalle espressioni verbali usate le quali, comunque, in alcuni casi risultano essere del tutto simili. Spesso la persona è consapevole di ricordare e così possiamo annotare commenti del genere: “Questo è lo stesso pipistrello che ho visto l’anno scorso”, oppure “Come già ebbi modo di dire, i bambini stanno giocando tra di loro”, fino ad arrivare allo sconsolante “Ma perché mi fa vedere le stesse figure della volta precedente? Cos’è? Una prova di memoria?”.
Oltre che di vere e proprie interpretazioni il soggetto può serbare il ricordo di una serie di altri fenomeni quali, ad esempio, la stessa successione di Tavole nere e Tavole colorate la cui memorizzazione minaccia di compromettere, tra l’altro, nella seconda somministrazione l’eventuale insorgere dei vari tipi di Choc. L’addestramento derivato dalla precedente esperienza potrebbe, altresì, produrre turbative sulla bontà formale delle risposte fornite, sulla tendenza del soggetto a dotare di movimento i suoi engrammi, sulla sua maggiore o minore prontezza a fornire risposte e commenti. In generale, comunque, nelle condizioni di re-test è tutto l’iter interpretativo che rischia di essere inficiato, tale da indurre a non considerare la seconda somministrazione come un banco di prova sufficientemente attendibile ed illuminante.
E’ evidente, quindi, che in casi del genere, salvo voler rinunciare a tutti i preziosi contributi che il Rorschach fornisce, trovi ideali condizioni di applicabilità l’utilizzazione di Tavole aventi le stesse caratteristiche fondamentali di quelle originali.
Peraltro, sul concetto di re-test pesano ulteriori considerazioni ad esso intrinseche, ragion per cui non è un caso che in relazione a tale condizione non si registri concordanza di vedute fra le Scuole rorschachiane. Così, mentre alcuni studiosi non ammettono nemmeno la fattibilità del re-test, essendo categorici nell’escludere il senso e la possibilità concettuale di sottoporre due volte la stessa persona al Rorschach, altri al contrario reputano il Rorschach stesso come il suo migliore Parallelo ed infine altri ancora suggeriscono un determinato intervallo temporale relativo alla situazione re-test. La Scuola Romana Rorschach propone, per esempio, un periodo di almeno due anni il quale, tuttavia, vale come orientamento di massima visto che, non di rado, in sede di re-test, abbiamo avuto occasione di riscontrare soggetti che, anche a maggiore distanza di tempo, conservavano una memoria sufficientemente precisa delle proprie percezioni ed emozioni esperite in sede di prima somministrazione.
L’altra condizione che rende pressoché necessaria l’introduzione di un Parallelo è costituita dall’eventualità che il soggetto sia stato, più o meno nascostamente, addestrato a fornire o a non fornire determinate risposte, in maniera da incanalare il responso psicodiagnostico su binari a lui favorevoli. Attualmente il Rorschach è adoperato con sempre maggiore frequenza in settori qualificati quali quello delle perizie legali (pensiamo all’affidamento di un minorenne o ad un eventuale “quaestio” di infermità mentale in reati più o meno gravi) e quello della selezione del personale all’interno del contesto aziendale. Come non dubitare quindi che, vista l’importanza della posta in gioco, qualcuno, dotato magari di una certa “infarinatura” rorschachiana, si possa prendere la briga di barare rivelando anzitempo al giocatore regole e carte: fuori di metafora, come escludere che persone poco serie e prive di scrupoli non suggeriscano al soggetto interpretazioni e condotta durante il Test, atte ad indirizzare l’esito dello stesso verso i propri “desiderata”? Ora, poter usufruire di Tavole che ripropongano lo stesso tipo di stimolazione fornito da quelle originali – senza per altro essere copie conformi delle stesse – renderebbe vane e smaschererebbe le direttive impartite dal furbo di turno.
Il primo ad introdurre il concetto di Serie Parallele al Test di Rorschach ed a sottolinearne l’importanza è stato proprio l’ideatore del Reattivo, Hermann Rorschach. Lo psichiatra svizzero, nell’opera che illustra il significato e la sostanza della metodica da lui messa a punto – Psychodiagnostik (Rorschach H., 1921; tr. It. 1981) – , lascia intendere a chiare note come egli, nel presentare alla comunità scientifica la sua serie di Tavole, prospetti un metodo d’indagine della personalità suscettibile di essere organizzato anche in altre figure, strutturalmente affini a quelle originali. Detto in altri termini, ciò che appare centrale nel lavoro di Hermann Rorschach è l’ideazione di un metodo di valutazione psicodiagnostica basato sull’interpretazione di macchie di inchiostro. Tale metodo può esprimersi, com’è ovvio, nella serie realizzata da Rorschach stesso, ma può anche essere concepita in macchie analoghe le quali, nella loro strutturazione, ripropongano alcuni principi gestaltici basilari. In realtà, Rorschach non dedicò troppo spazio al problema della costruzione di Macchie parallele, non avendone probabilmente valutate a pieno difficoltà e complessità. Come infatti avremo subito modo di vedere più in dettaglio, pochi furono i suggerimenti che egli fornisce a chi si accinga all’impresa di realizzare una serie parallela.
Dunque, l’esigenza di avere a disposizione e perciò di utilizzare più serie parallele può esser ricondotta alle considerazioni che, già alle origini della lunga storia del Test, Hermann Rorschach aveva impostato in Psychodiagnostik (ibidem). Tale bisogno scaturisce, secondo l’Autore, dalla possibilità di intervento di fattori di “memoria conscia e inconscia” (ibidem) nei casi in cui si renda necessaria la ripetizione della prova con lo stesso soggetto, utilizzando il medesimo strumento di indagine (ovvero la stessa serie di Tavole) ad esempio nel caso di “soggetti normali in vari stadi d’umore, maniaco-depressivi in stadi alterni, schizofrenici in diverse condizioni, o pazienti prima e dopo una psicanalisi”, nuovamente soggetti normali per esigenze di semplice verifica (ibidem): concreti, infatti, sarebbero i rischi di scarsa validità dei risultati.
La soluzione, secondo Rorschach, sarebbe quella di mettere a punto figure analoghe a quelle originali che di queste rispettassero le caratteristiche ma che, nello stesso tempo, fossero da esse diverse. Queste nuove figure andrebbero realizzate secondo il consueto sistema di far cadere dell’inchiostro su fogli di carta, poi ripiegati in due. Da un ampio numero di queste macchie si opererebbe una scelta in favore di quelle più rispondenti alla configurazione delle Tavole originali. Esse andrebbero sottoposte a una sorta di esame preliminare che accerti la loro idoneità ad essere percepite, da molti soggetti, come qualcosa di diverso da semplici macchie di inchiostro. Successivamente, si imporrebbe l’importante fase della taratura, attraverso l’utilizzazione di soggetti normali (cioè, non portatori di qualche tipo di psicopatologia), caratterizzati da differenti livelli di intelligenza ed istruzione.
A questo punto Rorschach suggerisce una serie di regole che permettono di verificare il grado con cui le Tavole di nuova concezione siano capaci di sostenere il ruolo di quelle normali. Innanzitutto egli cita la capacità, da parte delle figure, di elicitare risposte di movimento e di colore, nonché la loro idoneità a ispirare interpretazioni globali e intramaculari; a questi criteri va aggiunto quello imperniato sul numero di risposte fornite. Tutti questi fattori dovranno esprimersi in misura analoga nelle due serie, a testimonianza della loro similitudine. In secondo luogo l’Autore enuncia alcune caratteristiche specifiche di determinate Tavole della serie normale, le quali caratteristiche ci si aspetterà che appaiano anche nella serie parallela. La Tavola I delle due serie dovrebbe permettere l’espressione di un numero rapportabile di risposte di Forma e di Movimento. Le due Tavole V corrispondenti dovrebbero evidenziare entrambe una struttura di facile decodifica percettiva. Le due Tavole VII dovrebbero mostrare un dettaglio intramaculare gestalticamente significativo, senza peraltro esserlo troppo. L’Autore raccomanda, infine, di non rendere le nuove figure irregolari e complicate più del dovuto, perché altrimenti verrebbero rese difficoltose le operazioni di conteggio.
E a conclusione del breve paragrafo dedicato in Psychodiagnostik alla questione delle Tavole parallele, Hermann Rorschach si limita ad annotare: “La produzione di queste serie parallele, secondo la mia esperienza, non è così difficile e lunga come può apparire a prima vista.” (ibidem).
In realtà, come ha dimostrato una lunga esperienza in materia, la messa a punto di un Parallelo risulta essere alquanto più laboriosa di quanto lo stesso Rorschach potesse all’epoca supporre (Parisi S., Pes P., Capri P., Cupini F., L’Imperio A., Fiumara R., Caporali M.; 1985; v. Pubblicazioni e Lavori della Scuola Romana Rorschach sulle Macchie Parallele Parisi-Pes). In effetti, dagli anni venti fino ai giorni nostri, una gran congerie di studi sul Rorschach ha permesso di sviluppare tutta una serie di riflessioni sui significati gestaltici che le diverse Tavole del Test propongono e che vanno al di là delle intuizioni, peraltro geniali, espresse originariamente dallo stesso Hermann Rorschach. In particolare, nel corso del tempo si è dedicata attenzione alle peculiari caratteristiche strutturali e cromatiche che definiscono e rendono unica ciascuna delle dieci macchie del Reattivo. Proprio in virtù di queste specificità gestaltiche, ogni Tavola vede delinearsi una propria “personalità” che la rende inconfondibile rispetto alle altre e determina nel soggetto interpretante una serie di emozioni e di richiami ideativi del tutto tipici. Conseguentemente, un Parallelo dotato di significato dovrebbe riproporre, per ciascuna macchia, la medesima personalità strutturale della Tavola Rorschach omologa, in maniera tale da elicitare in chi la interpreta analoghi processi percettivi ed emozionali.
SERIE PARALLELE PRECEDENTI
Non poche sono le serie di Macchie costruite con lo scopo di fungere da Paralleli del Test di Rorschach. Noi prenderemo più dettagliatamente in esame quelle che hanno trovato una maggiore diffusione e risonanza scientifica, ossia le Tavole definite comunemente Be-Ro, Fu-Ro e Ka-Ro. Meritano tuttavia una menzione anche altre serie che nel corso del tempo hanno portato un significativo contributo al tema in esame. Tra queste ricordiamo innanzi tutto le realizzazioni di G. A. Roemer (1938), M. R. Harrower e M. E. Steiner (1945, 1949) e ancora Harrower (1966).
In un’ottica particolare si pone il lavoro di M. Schachter, autore dello “Scha-Ro”, una raccolta di dieci Tavole somministrabili, secondo l’ideatore, a soggetti particolari quali inibiti, deboli di mente, o persone esaminate in condizioni peritali. La singolare caratteristica di questa serie è costituita dal fatto che le Tavole in questione, definite dall’autore “personali”, vengono di volta in volta approntate dallo psicologo stesso, non richiedendo quindi una preparazione “industriale” e la relativa standardizzazione. Tale serie non viene proposta come vero e proprio re-test al Rorschach (così come avviene per gli altri Paralleli fino ad ora citati), bensì come strumento da adoperare immediatamente prima o dopo la somministrazione delle Tavole originali, esclusivamente al fine, rispettivamente, di sbloccare i soggetti con un più o meno accentuato stato di inibizione e di raccogliere ulteriori informazioni in protocolli risultati scadenti alla Prova. Lo stesso Schachter, tra l’altro, già nel 1950 aveva proposto come rapida tecnica di controllo il cosiddetto “micro-Rorschach”, versione delle Tavole originali ridotte ad un terzo delle loro dimensioni. A nostro avviso, le innovazioni apportate dall’Autore in relazione sia alle Tavole personalizzate che al micro-Rorschach si allontanano decisamente dallo spirito che dovrebbe supportare la costruzione di Tavole parallele dotate di significato e, come tali, rimangono pertanto un po’ ai margini del concetto di autentico parallelismo.
In una categoria a parte possono poi essere posti altri Reattivi che, pur prendendo spunto dall’impostazione logica del test di Rorschach, se ne differenziano per sostanziali caratteristiche.
In primo luogo vale la pena ricordare l’“Holtzman Inkblot Technique” di W. H. Holtzman (1961), denominato più brevemente “HIT”. Su tale Test un ampio e approfondito inquadramento è presentato da L. Boncori (1993) alla quale, pertanto, sia pure succintamente, ci rifacciamo. Attraverso l’HIT, Holtzman si propone di mettere a punto un mezzo di indagine della personalità che si rifaccia alla tecnica e alla metodologia del Test di Rorschach, ma che ne costituisca altresì una versione di genere più “oggettivo” e “affidabile”. L’HIT si compone di una serie di quarantacinque macchie d’inchiostro, non tutte simmetriche, dall’organizzazione cromatica spesso differente rispetto alle Tavole di Rorschach. Ulteriori differenziazioni si riscontrano altresì nella tecnica di somministrazione, nonché nel sistema di elaborazione del referto. In relazione alla prima, poniamo l’accento sulla richiesta di fornire non più d’una interpretazione per ciascuna Tavola e su una particolare Inchiesta che si articola in una serie di tre domande determinate. La siglatura delle interpretazioni, invece, procede attraverso l’utilizzazione di ventidue indici, alcuni riferiti ai classici raggruppamenti di siglatura del Rorschach quali Modo di Comprensione, Determinante, Contenuto, Frequenza ecc., altri introdotti ex novo e relativi a fattori psicologici diversi. Risulta chiaro in ogni caso come, anche nei propositi dell’Autore, l’HIT non sia annoverabile tra le serie parallele al Rorschach, bensì debba essere inteso come un procedimento d’indagine della personalità specifico e a se stante al quale, peraltro, la comunità scientifica ha riservato ampi consensi.
Considerazioni analoghe possono essere svolte per le macchie denominate “Somatic Inkblot Series” (S.I.S.), realizzate da W. A. Cassell (1969, 1980) e successivamente edite anche nel nostro Paese (1989). Anch’esse, come quelle di Holtzman, tengono conto ben poco delle caratteristiche fondamentali delle Tavole Rorschach. In particolare le S.I.S. (Boncori L., ibidem) si distinguono per essere in numero di venti, per esprimere cromatismi limitati alla gamma di nero, rosso e grigio e per esibire un’organizzazione formale semistrutturata, atta a fornire in ogni Tavola, stimoli a contenuto anatomico. Obiettivo prevalente che detto test persegue è quello di monitorare la percezione corporea dei soggetti ad esso sottoposti.
Nella stessa maniera delle due serie precedenti anche quella dell’ “Howard Inkblot Test”, costituita da dodici Macchie e pubblicata nel 1953 da J. W. Howard (1953°), non può essere ritenuta, per la struttura che la contraddistingue (ad esempio l’estensione delle Macchie), una precisa serie parallela al Rorschach, come sottolineato fra l’altro dallo stesso Autore che infatti definisce la sua creazione “un metodo diverso da quello del Rorschach”. Secondo Howard, il Reattivo da lui elaborato permetterebbe, rispetto al Rorschach, “un maggior numero di risposte determinate dal chiaroscuro, una più alta percentuale di cromestesie, un diverso rapporto C, CF, FC, più risposte di movimento e meno risposte a contenuto animale”. (Howard J. W., 1953b) Paradossalmente, queste stesse caratteristiche del Test determinano, a detta dell’Autore, “una maggiore sensibilità diagnostica” dello strumento. Una riprova del non esatto parallelismo tra Rorschach e Howard Test ci viene da uno studio sperimentale effettuato nel 1956 da F. Ferracuti e G. B. Rizzo i quali vi evidenziano nette differenze fra i due gruppi di Tavole.
I due ricercatori italiani, in relazione ai soggetti della loro indagine, trovano nell’Howard rispetto al Rorschach:
- un maggior numero di risposte;
- un minor numero di risposte globali;
- un minor numero di risposte cinestesiche umane e ancor più di interpretazioni di movimento animale;
- meno risposte FC e al contrario più CF e C;
- un maggior numero di risposte-colore nel loro complesso;
- un maggior numero di interpretazioni di colore acromatico e di risposte di chiaroscuro, specie di superficie;
- una gamma di Contenuti ben più ampia;
- una quantità di risposte zoologiche nettamente inferiore;
- un Tempo di Latenza, in media, nettamente più lungo.
Tali rilievi appaiono in linea con i dati forniti, nella presentazione della sua opera, da J.W. Howard (ibidem b), fatta eccezione per le risposte di movimento umano che invece l’Autore riferisce presenti in maggior numero nel proprio Reattivo.
Una citazione a parte merita, infine, la serie di Macchie messa a punto da H. Zulliger e conosciuta col nome di “Zulliger-Test” (distribuita in Italia dalla “O. S. Organizzazioni Speciali” di Firenze). Essa si compone di tre Tavole, la prima delle quali grigio-scura, la seconda policromatica, la terza rossa e nera. Alcuni studiosi hanno, a nostro avviso impropriamente, considerato ed utilizzato lo Z-Test come un Parallelo del Reattivo di Rorschach.
Secondo il nostro punto di vista, peraltro confortato dalle premesse teoriche delle stesso Rorschach relative alla costruzione di Macchie parallele, il lavoro di Zulliger non può essere visto come una serie parallela a tutti gli effetti per la semplice quanto evidente ragione che risulta constare di tre sole Tavole ; diversamente, esso va considerato come l’espressione di un’adeguata utilizzazione della Tecnica rorschachiana, soprattutto in relazione a somministrazioni ed indagini di tipo collettivo.
Le Macchie di Zulliger, proprio per questa loro finalità di Test di gruppo, vennero inizialmente organizzate e presentate sotto forma di diapositive (nell’edizione di Huber, Berna; 1948)
Lo spunto all’elaborazione della serie fu dato all’Autore in conseguenza dell’esigenza maturata dagli psicologi delle forze armate svizzere di disporre di un Reattivo che fosse in grado di operare una selezione, efficace e soprattutto in tempi brevi, di personale militare. L’utilizzazione collettiva del Test si estese poi ubiquitariamente in tutto il mondo in contesti oltre che militari anche civili. In particolare, un campo d’indagine in cui esso ha da sempre riscosso rilevante successo è quello relativo alla selezione aziendale. Nel 1954, poi, il Test venne edito, sempre da Huber, anche sotto forma di Tavole, al fine di una somministrazione questa volta individuale.
Tuttavia, nonostante così significativi presupposti di utilizzazione del Reattivo e malgrado un’ampia produzione di ricerche e pubblicazioni in merito, lo sviluppo teorico e applicativo dello Z-Test sembra almeno parzialmente frenato dalla mancanza a tutt’oggi di uno studio quantitativo generale ed organico. Infatti le ricerche che grazie allo Z-Test hanno visto la luce da una parte sono state concepite all’interno di campioni eccessivamente omogenei e specifici, dall’altra non appaiono opportunamente comparabili tra loro in quanto condotte con setting di somministrazione e sistemi di siglatura diversi i quali, conseguentemente, hanno portato a dissimili organizzazioni di psicogrammi.
Lo Staff
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